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martedì 26 maggio 2015

Bella città – brutta storia

Dobřany e il suo ospedale psichiatrico
Dobřany è una bella cittadina a circa 10 chilometri a sudovest da Pilsen/Plzeň. L'ampia piazza centrale come si addice alla Boemia è attorniata da case rinnovate con cura, nella chiesa barocca di San Vito un raro altare doppio ricco di figure, la chiesa di San Nicolò, pure barocca, nella Náměstí Masaryka è piena di credenti per la messa domenicale, un ponte gotico a tre arcate scavalca la Radbuza lungo la quale si opuò pescare, passeggiare e amoreggiare. E tutt'intorno prati fioriti e linde case unifamiliari con deliziosi giardini e orti.
Un vero idillio. Piaceva tanto anche ai Tedeschi che, legittimati dagli Accordi di Monaco conclusi alla fine di settembre del 1938, occuparono la cittadina nell'ottobre del 1938 per incorparlo al Reichsgau Sudetenland. Una cosa, tuttavia, non piaceva a loro: il nome tedesco di "Dobrizan" o "Dobrzan" suonava a loro troppo slavo. Probabilmente era un nome di origine slava. Così decisero di ribattezare la cittadina e di chiamarla "Wiesengrund", "Terra dei prati". Un nome veramente azzeccato.

Il gotico ponte in pietra sulla Radbuza a Dobřany
Questa immagine si addice perfettamente all'atmosfera spensierata che Pilsen/Plzeň, capitale della cultura 2015 vorrebbe esprimere. danza e teatro, arte e cultura in tutte le forme si avvicendano durante tutto l'anno. La città si è svegliata e richiama ospiti da tutta l'Europa.
 
Vladislav Žižka con un'arteterapeuta
Chissà se qualcuno dei visitatore giunge anche a Dobřany? La cittadina possiede un buon ristorante con propria birreria che produce serve una gustosa birra non pastorizzata. Chissà se i visitatori scorgono, leggermente discostata dalla piazza principale dedicata a Masaryk, anche l'indicazione stradale per la "Psychiatrická léčebna", la clinica psichiatrica? Il dottor Vladislav Žižka, direttore dell'ospedale, mi saluta con grande gentilezza, mi conduce in auto attraverso il parco, esteso su 43 dettari e costellato da parecchi padiglioni molto curati in cui vivono oggi circa 1200 pazienti.


Il parco dell'ospedale di Dobřany
Un elegante passaggio nella clinica di Dobřany
Ci vivevano oltre 2700 persone nel 1941 quando l'ospedale di Dobřany/Wiesengrund, allora la più clinica psichiatrica nella zona dei Sudeti, fu incluso nella cosìdetta "Aktion T4", il programma di eutanasia elaborato dal governo nazista appositamente per bambini e giovani con problemi psichiatrici. Nelle cronache del tempo si legge che la clinica di Dobřany/Wiesengrund, allora "la più moderna, più funzionale e più bella dell'Europa", possedeva un ampio parco, vasti terreni agricoli, prati, una stazione del treno e un proprio cimitero. La stazione veniva usata per il trasporto dei malati che, giunti dall'ospedale psichiatrico di Kosmonosy, situato nella Boemia centrale, presero il via ai campi di sterminio di Pirna-Sonnenstein in Sassonia e di Hartheim nell'Alta Austria. E nel cimitero furono sepelliti molti bambini e giovani vittime dell'"Aktion T4".

Tragedia nella tragedia: nell'aprile del 1943 l'ospedale di Dobřany fu bombardato da piloti delle forze alleate perché lo credettero la fabbrica della Škoda che produceva armi.

Leggendo le storie di ammalati raccolte nel volume "Die nationalsozialistische Euthanasie"* vengono i brividi. E da quando ho letto questo libro non posso più guardare con gli occhi disincantati del turista alla bella cittadina di Dobřany con la sua vasta piazza centrale, le chiese barocche, il ponte gotico sulla Radbuza, le linde case unifamiliarie i prati fioriti.

P.S.: Devo ringraziare il dottor Milan Novák, coautore del mio libro "Boemia andata e ritorno", per la informazioni sulla clinica psichiatrica di  Dobřany e l'invio del libro citato.

* Michal Šimúnek - Dietmar Schulze (a cura di), Die nationalsozialistische „Euthanasie“ im Reichsgau Sudetenland und Protektorat Böhmen und Mähren 1939-1945, Praha: Institute of Contempory History of the Academy of Sciences Prague 2008

domenica 10 maggio 2015

Un fotografo vecchio stampo

Incontro con Radovan Kodera
Radovan Kodera da "Goran"
 "Quanti scalini ci sono fino lassù? Sinceramente non li ho mai contati", risponde mentre saliamo verso il suo studio, all'ultimo piano di una casa secolare, da fiaba, direttamente sulla centrale Náměstí Republiky. Ci avevamo dato appuntamento, Radovan Kodera ed io, da "Goran", una vicina caffetteria, per prendere un turek. Era il mio terzo caffè turco quel giorno. Il primo l'avevo bevuto da sola, durante la mattinata, il secondo con Annette Kraus, una simpatica giornalista, per preparare una intervista per le trasmissioni in lingua tedesca di Radio Praga. Vado spesso da "Goran" per godermi quella meravigliosa bevanda che mi ridona energia e vitalità dopo gli stancanti giri attraverso Pilsen/Plzeň.

Anche Radovan Kodera sembra essere un cliente affezionato. Lo salutano con particolare cordialità. Del resto è una personalità della vita artistica e culturale della città. Proprio in questi giorni si è tenuto il vernissage della mostra Osvobození 1945 ve fotografiích (La liberazione del 1945 nelle fotografie), curata da lui ed esposta nella Grande Sinagoge, usata spesso come spazio espositivo e, per la sua straordinaria acustica, come sala da concerti. Vi si possono vedere (fino al mese di ottobre) delle eccezionali fotografie del fotoreporter ceco Ladislav Sitenský ed altre provenienti dalla collezione di Vladislav Vítek che, selezionate da Kodera, raccontano gli eventi drammatici avvenuti a Pilsen/Plzeň alla fine della guerra.

A Radovan Kodera piace curare mostre ed esposizioni, insegna anche alla Facoltà di arte e design dell'Università della Boemia Occidentale qui a Pilsen/Plzeň. Ma la sua vera passione è la fotografia. La fotografia in bianco e nero. Quella fatta con macchine fotografiche analogiche. E' il modo di fotografare che piace anche a me, che piacerebbe a me, ma a cui ho dovuto rinunciare (per questa volta) qui a Pilsen/Plzeň. Come avrei potuto inserire delle foto, realizzate con macchine analogiche, quelle con l'"antico" rullo, in questo mio blog?
 

Radovan Kodera con una fotografia realizzata nell'Ospedale Psichiatrico di Dobřany
 
Dunque fotografo in bianco e nero. Kodera comincia a sfogliare le sue cartelle, messe in bell'ordine sugli scaffali. Ne trae immagini di grande formato che impressionano per il contrasto del bianco e nero. E per i soggetti. Mostra fotografie della "rivoluzione di velluto" alla fine del 1989. Dei lavori di restauro nella sinagoga. Di bambini legati ai letti. Mi vengono i brividi. Negli Anni novanta del secolo scorso Kodera ha potuto realizzare un progetto fotografico in una clinica psichiatrica. Sono foto che, in tutta la tragedia, lasciano alle persone la loro dignità. Fatte nell'ospedale di Dobřany. Lo visiterò anch'io in questi giorni. Non per fare delle fotografie (nessuno lo permetterebbe più), ma per documentare degli eventi tragici, avvenuti in quella clinica negli Anni quaranta del secolo scorso, quando vi comandavano i nazisti tedeschi.


Le mie due simpatiche interpreti ceche


Radovan ed io comunichiamo grazie a due interpreti molto carine, Veronika Dolívková e Markéta Balíková, studentesse del prestigioso Ginnasio Masaryk.  E prima di lasciare lo studio, pieno zeppo di fari e treppiedi e libri e macchine fotografiche, guardo dalla finestra. Vedo un'affascinante paesaggio di tetti degli secoli passati. Sembra un quadro del pittore sudtirolese Karl Plattner.
 
 
Vista sui tetti della vecchia città
Scendendo avrei voluto contare gli scalini, scalini di legno in angusti androni, scalini consumati nei secoli da migliaia e migliaia di passi. Ma sono rimasta troppo scossa e troppo affascinata da quest'incontro per potermi dedicare alla troppo banale conta degli scalini. 
Děkuji, Radovane!