domenica 26 luglio 2015

Cultura senza confini

Connessioni tra Hans Eibauer e Vladimír Líbal 
 

"Sì che ne vado orgoglioso!" Con plausibile soddisfazione Hans Eibauer racconta della sua creatura, il Centrum Bavaria Bohemia a Schönsee.
Hans Eibauer, creatore e direttore del Centrum Bavaria Bohemia a Schönsee, cittadina tedesca vicina al confine ceco
Nato nel 1948 nella cittadina bavarese di Schönsee, in una famiglia di lontane origini alsaziane, Eibauer fu eletto sindaco di Schönsee nel 1975, all'età di solo 27 anni. "Con una maggioranza risicata di voti", tiene a sottolineare. E per lunghi 33 anni rimase primo cittadino. Ininterrottamente. Doveva godere la fama di essere assolutamente degno di fiducia.
Come sindaco di una città di confine della Baviera nord-orientale Hans Eibauer ha vissuto, naturalmente, anche gli anni prima della caduta del regime comunista e dell'inizio della "rivoluzione di velluto".  La mancanza di relazioni e di prospettive. "Il mondo finiva qui. Tutto era rivolto verso ovest", ricorda. A ovest dove non c'erano né recinti di filo spinato né torri di guardia, dove ci si poteva muovere liberamente. Ma nel "piccolo traffico di confine" (quando le mucche non rispettavano i recinti confinari, diventando "frontalieri" illegali) i problemi, già allora, furono risolti con prammatismo e buon senso. Senza coinvolgimento, anche senza approvazione degli enti ufficiali.

Una vecchia tabella, ormai superflua, sul confine a Friedrichshäng: "Attenzione! Confine di stato"
Poi, verso la fine del 1989, in Cecoslovacchia si svolse la "rivoluzione di velluto", il passaggio dalla dittatura comunista alla democrazia. Il 9 novembre 1989 fu abbattuto il muro di Berlino, il 23 dicembre del 1989 si incontrarono Hans-Dietrich Genscher e Jiří Dienstbier, i ministri degli esteri tedesco e ceco, sul confine tedesco-ceco tra Waidhaus e Rozvadov per tagliare con una pinza il filo spionato. E il 3 gennaio 1990 si svolse il primo incontro interfrontaliero dei sindaci nel villaggio tedesco di Schwarzach nei pressi di Schönsee. Oltre a Hans Eibauer come primo cittadino di Schönsee vi erano giunti anche i suoi colleghi cechi di Bělá nad Radbuzou/Weißensulz, Poběžovice/Ronsperg e Hostouň/Hostau. "Stringersi le mani – cancellare i confini" divenne lo slogan per una nuova convivenza.
Iniziarono amicizie, gemellaggi e idee per progetti comuni. Hans Eibauer era alla ricerca di un nuovo luogo di incontri e connessioni. E lo trovò in una ex birreria in stato di abbandono. Dopo il superamento di ostacoli politici e amministrativi, nel 2006 poté venir inaugurato il Centrum Bavaria Bohemia, iniziando la sua attività culturale al di sopra dei confini. Alla faccia di tutti gli scettici.
L'"albero dei desideri" davanti al Centrum Bavaria Bohemia
Davanti al Centrum dall'accattivante architettura si innalza dal 2012 un "albero dei desideri" ideato da Andi Dürre e Philipp Klein, due artisti tedeschi. Altri otto sono stati piantati quest'anno nell'ambito della programmazione di Pilzen/Plzeň capitale europea della cultura, in territorio ceco come in quello tedesco. Per sigillare dei desideri. Uno di questi alberi dà colore al confine tedesco-ceco nei pressi di Friedrichshäng, accanto alla ex sbarra di frontiera, una volta non superabile. Lungo il sentiero che porta a Plöß, il villaggio che non c'è più. Ho fatto una camminato fino a Pleš, ora in territorio ceco, dove negli anni Venti presto  servizio uno zio di me, allora giovane sacerdote. In un villaggio allora fiorente. Ne parlerò un'altra volta.

Uno degli artisti  prediletti del Centrum Bavaria Bohemia è Vladimír Líbal. Hans Eibauer mi mostra alcune caricature di questo artista ceco ora 61enne – caricature che subito mi entusiasmano: le idee, la sottile ironia, i contorni delicati ma decisi, i tratti nervosi ricordano Paul Flora (1922–2009), il grande disegnatore e caricaturista tirolese.

Vladimír Líbal
Vladimír Líbal mi dà appuntamento a Pilzen/Plzeň dove lavora in municipio, come responsabile per i progetti culturali della città. Ci incontriamo in un caffè. Naturalmente. E dopo due minuti è un mito per me. E' stato un firmatario della Charta 77 * e ha passato due giorni nella famigerata prigione di Pilsen-Bory, incarcerato come dissidente. "Sole due giorni", minimizza. "Amici miei vi hanno passato due, tre anni." Ma egli è il primo firmatario della Charta 77 che conosco, e il primo mio conoscente che ha pagato per le sue idee politiche con un processo e l'arresto. Tuttavia, non ha l'aspetto di un mito. E' semplicemente una persona gentile, ma un caricaturista dall'ironia mordace.

Per il Centrum Bavaria Bohemia Vladimír Líbal ha creato una serie di cartoline sul tema "Cultura senza confini", con disegni in cui collega e annoda i colori nazionali tedeschi e quelli cechi – il nero-rosso-oro e il bianco-blu-rosso. E Hans Eibauer, da sempre alla ricerca di allacci, siano essi culturali, politici o umani, ha scelto come simbolo per i suoi biglietti di visita proprio uno dei disegni di Vladimír Líbal.
Due caricature di Vladimír Líbal per la serie di cartoline "Cultura senza confini", pubblicata dal Centrum Bavaria Bohemia di Schönsee

Due uomini che si comprendono oltre i confini. Il prammatico e il sognatore. Oppure due sognatori?


Anch'io mi intendo bene con tutti e due: con Hans Eibauer (naturalmente) in tedesco, con Vladimír Líbal "con mani e piedi", come avevamo concordato in caso di difficoltà di comprensione per le lacunose conoscenze delle rispettive lingue. Con Líbal ho in comune anche la passione per i café dove – in mezzo alle altre persone e pure separati da loro – riusciamo a inventare e a creare. Però ci differenziamo in una cosa: lui fuma troppo e io bevo troppi caffè.

Uno dei molti caffè turchi che bevo a Pilzen/Plzeň
* "Charta 77" è la denominazione di una petizione pubblicata nel 1977 contro le violazioni, commesse dal regime comunista, dei diritti umani. Tra i firmatari vi furono, oltre a molti altri intellettuali e politici, anche Václav Havel e Jiří Dienstbier.

Da Babelsberg a Pilsen/Plzeň

Documentario sulla cronista cittadina

Questa domenica niente pigrizia, niente meditazione, niente gironzolare per la regione. C'era da girare un film.

Una troupe della scuola superiore di cinematografia di Babelsberg era venuta a Pilsen/Plzeň per farsi mostrara da me la città e per sapere come si vive da cronista cittadina.

Ci eravamo dati appuntamento su una strada di accesso secondaria dove mi stavano già aspettando. Equipaggiati con tutte le attrezzature tecniche necessarie per le riprese.



Nella foto si vede la troupe pronta per il lavoro: da sinistra a destra Uwe Fleischer, regia e coordinatore film della scuola, Sofia Baturov, tecnica del suono, Annika Lorse, redazione e assistente alla regia, Alexander Wunsch, cameraman, e Thomas Bühring, insegnante. 

Abbiamo passato insieme delle belle ore. Ma mai mi sarei immaginata che fosse così difficile lavorare come "attrice". Però mi era di consolazione il fatto che qualcuno, alla nostra insaputa, aveva realizzato una statua ... del mio cane Zampa e di me.


Alla scoperta della Boemia occidentale barocca

Bellezze barocche e non solo

Il ricchissimo calendario delle manifestazioni di Pilsen/Plzeň capitale europea della cultura comprende anche le "9 settimane Barocco". Chiese, conventi e castelli, villaggi isolati e città famose sono il palcoscenico di un progetto gigantesco, iniziato alla fine di giugno e che terminerà alla fine di agosto. Naturalmente viene eseguito tanta musica barocca, interpretata da musicisti e orchestre famosi a livello internazionale, feste barocche si alternano a istruttive conferenze.

Il festival del Barocco, che ha luogo ogni settimana in un altro circondario, si è svolto ormai per quasi metà.

Durante la prima settimana,  gli spettatori avevno occasione di scoprire le bellezze della chiesa di San Giovanni Nepomucene a Nové Mitrovice,
L'interno barocco della chiesa di San Giovanni Nepomuceno a Nové Mitrovice


la seconda settimana si è svolta nella zona dell'affascinante Klatovy, città dalle molte torri e segnata dal Barocco dei Gesuiti,

Torri di Klatovy: a sinistra la Torre Nera alta 81,60 m, accanto i due campanili della chiesa dei Gesuiti, edificata dagli architetti italiani Carlo Lurago e Giovanni Domenico Orsi de Orsini e da Kilian Ignaz Dientzenhofer, nata a Praga in una famiglia di archiettti bavaresi
nella terza settimana nella zona di Stod, Dobřany e Přeštice,
Anche la chiesa di Maria Assunta è stata edificata da Kilian Ignaz Dientzenhofer.
nella quarta settimana appena terminata a Planá e Výškovice (vedi il mio testo precedente)
La chiesetta di Výškovice è sopravvissuta a guerre e distruzioni, ma si trova in stato di abbandono.

e nel convento di Kladruby
Lq facciata della chiesa conventuale di Kladruby, progettata da Johann Blasius Santini-Aichl, discendente di una famiglia italiana di lapicidi emigrati in Boemia
 E il ricco programma continuerà con sorprese e riscoperte. "Vivere il Barocco con tutti i sensi" è lo slogan del festival che si presnta con oltre 120 manifestazioni in una sessantina di luoghi. Infatti non bisogna dimenticare che la Boemia occidentale possiede architetture e luoghi di cultura di rango internazionale. La situazione politica del recente passato aveva fatto sì che fossero finiti nel  dimenticatoio, ma ora la regione si è presa la rivincita e li presenta in nuovo splendore. Bisogna riconoscere che la Repubblica Ceca, nel campo della tutela dei monumenti, ha compiuto passi da giganti negi ultimi decenni passati. E' stato fatto molto, molto si sta facendo e molto si farà. Per cui restauratrici come Marcela Sloupová, che attualmente lavora alla colonna (naturalmemnte barocca) della peste nella piazza principale di Starý Plzenec, non dovrà temere la disoccupazione.
La restauratrice Marcela Sloupová davanti alla colonna della peste a Starý Plzenec

A completamento delle bellezze architettoniche barocche qui due bellezze ceche, in carne ed ossa, che ho incontrato a Pilsen/Plzeň.

Lenka, attiva nel campo del teatro e della musica, si è trasferita da Praga nella zona di Pilsen/Plzeň.

Alex nel locale „Inkognito“ a Pilsen/Plzeň



Un castello non da fiaba

Storie da Mirošov
 
C'era una volta... Così iniziano molti racconti di castelli e castellani. E per la maggior parte finiscono con un happy end. Anche la storia che racconterò oggi ha, in fondo, un lieto fine. Ma a che prezzo! Dopo quante pene e preoccupazioni, sofferenze e tragedie.

Tutto inizia tranquillo e sereno. Come appunto le storielle che si narrano attorno a piccole città di provincia. Come lo è Mirošov, situata in un ameno paesaggio collinare circa 20 chilometri a sud di Pilsen/Plzeň, con una bella chiesa barocca ricca di statue.
La chiesa di San Giuseppe nella piazza principale di Mirošov

Florian Griespek von Griespach, di antica nobiltà bavarese, alto funzionario alla corte di Ferdinando I, re boemo e poi imperatore, nella prima metà del Cinquecento si fa costruire qui un elegante castello rinascimentale. Il maniero cambio più volte proprietario, i nobili della zona se lo contendono. Finché attorno al 1840 si scoprono e si sfruttano ricchi giacimenti di carbon fossile.
Il castello di Mirošov, circondato da un ampio parco, in una prospettiva insolita
Miröschau (come la località fu chiamata allora) attira l'attenzione di banchieri ed altri facoltosi che cominciano ad interessarsi alla cittadina e alle sue redditizie miniere. Tra di loro vi è anche l'imprenditore Bethel Henry Strousberg di origini ebraiche, nato come Baruch Hirsch ed entrato nella storia dell'Ottocento come "re delle ferrovie". E' tanto ricco da poter comprare addirittura due castelli nella zona di Pilsen/Plzeň: oltre a Mirošov anche il vicino castello di Zbiroh (di cui ho già raccontato: vi visse per 18 anni il pittore e grafico ceco Alfons Mucha). Però non ha né tempo né agio per godersi la vita da castellano. Investimenti troppo audaci e consiglieri infedeli lo mandano in rovina, facendogli perdere tutti i suoi possedimenti.
Nei decenni che seguono il grazioso castello conta nuovi proprietari: Josef Maendl, ebreo, che durante il "protettorato" riesce a scappare in tempo dalla Boemia, e il ministro ceco Ladislav Karel Feierabend. Ma anche lui, come appartenente al movimento di resistenza anti-tedesca, deve lasciare la Boemia. Dopo il suo ritorno, alla fine della guerra, dall'esilio londinese va di nuovo ad abitare nel castello di Mirošov. Per poco tempo, però. Nel 1948, con la moglie (che era sopravvissuta al campo di concentramento di Ravensbrück) e i due figli, deve scappare di nuovo all'estero, questa volta davanti ai comunisti.

Finita l'era comunista, alla famiglia Feierabend viene restituito nuovamente il castello di Mirošov: alla morte del padre passa ai figli Hana ed Ivo e ai nipoti che da anni lo stanno restaurando con cura e passione.

Due atlanti al portale del castello di Mirošov
 
Questa è la storia a lieto fine. Ma prima di questo happy end, Mirošov visse anche un capitolo tragico e funesto. Alla fine della guerra, molti soldati tedeschi, anche appartenenti alle SS, cercarono, disarmati, di raggiungere i reparti americani. Ma a Mirošov furono intercettati e fermati, umiliati, torturati, uccisi e gettati in una fossa comune nel parco del castello. Si parla di centinaia di vittime. Capo di questa banda violenta di partigiani, che commise i misfatti, fu un certo František Foukal. Avevo trovato in internet una foto di questo assassino, ma non vorrei pubblicarlo accanto alle immagini di benefattori come Nicholas Winton e Přemysl Pitter che hanno salvato centinaia di bambini e ragazzi ebrei, tedeschi e cechi.

La fossa comune si trovava nella parte curata del parco del castello ...
... oppure in quella trascurata?

Con il castello di Mirošov tocchiamo alcuni capitoli della storia boemo-ceca: dal re/imperatore Ferdinando I alla restituzione di beni culturali, sequestrati dopo la guerra, dallo Stato agli antichi proprietari. Tuttavia questa parte della storia senza lieto fine mi rende questa residenza tetra e macabra, nonostante la sua bellezza rinascimentale e nonostante i matrimoni che oggi vi si celebrano.

Sul camino dell'ex birreria a Mirošov nidificano alcune cicogne (non ben visibili sulla foto).

sabato 25 luglio 2015

Una giornata – molti incontri

Vista dell'altare maggiore del santuario di Sant'Anna a Planá
  
La festa di Sant'Anna a Planá
La giornata era cominciata in un clima molto solenne. Con una processione tedesco-ceca – abitanti dalla località bavarese di Mähring si erano incontrati sotto la chiesa con abitanti della cittadina ceca di Planá - e con una messa bilingue nella chiesa barocca di Sant'Anna nei pressi di Planá, una cittadina a sud di Marienbad.
Tribune nella chiesa barocca di Sant'Anna

Era la ventiseiesima volta che si organizzava questo pellegrinaggio. Solo pochi mesi dopo il "cambiamento" in Cecoslovacchia, cioè dopo la caduta del regime comunista, Tedeschi e Cechi si erano ritrovati qui per pregare e cantare insieme. La messa di ieri, in cui si è parlato anche di Asylanten e della loro accoglienza, è stata celebrata da Monsignor Reinhard Hauke di Erfurt, vescovo delegato per la cura d'anime dei Vertriebene, cioè i tedeschi espulsi dopo la Seconda Guerra Mondiale dalla Boemia e da altre zone dell'Europa orientale. 
Reinhard Hauke, il vescovo per i Vertriebenen
"Un vescovo per i Vertriebenen?" "Sì", risponde Monsignor Hauke alla mia domanda. "Bisogna mantenere vivo il ricordo dell'espulsione anche nelle generazioni presenti e future, per evitare che questo capitolo della storia venga dimenticato". Essendo lui stesso figlio di una famiglia tedesca espulsa alla fine della guerra dalla Slesia, questa tematica gli sta particolarmente a cuore. Ritiene positivo un fatto che anch'io ho menzionato più volte nei testi di questo mio blog: che anche i giovani Cechi si stiano occupando obiettivamente e senza paraocchi dell'espulsione. Gli effetti positivi dell'espulsione? Avevo sentito bene durante la sua predica? Per sicurezza glielo chiedo un'altra volta: sì, il vescovo Hauke è convinto che gli Vertriebenen abbiano dato nuova vita e nuovo slancio alle città e ai paesi della nuova patria e che giovani espulsi si siano creati carriere professionali che, forse, nella vecchia patria sarebbero stati loro preclusi.

Doris Thomas
Dopo il cibo per l'anima nella chiesa stracolma cerco del cibo anche 
per il corpo. In fila per birra e klobasa, una saporita salsiccia ceca, comincio a parlare con la mia vicina. E' nata nell'aprile del 1945, ultima di quattro figli, a Planá, ma un anno dopo, essendo di famiglia tedesca, è stata espulsa dalla sua città di nascita. L'ex convento sotto la chiesa di Sant'Anna fu per loro l'ultimo asilo nella terra natia boema. Ma i Cechi, racconta, avevano aiutato la famiglia (rimasta nel frattempo senza padre) come potevano. Da anni Doris Thomas, professoressa di liceo in pensione, fa questo pellegrinaggio da Bayerisch Eisenstein, dove vive ora, fino al santuario di Sant'Anna, frequenta corso di lingua ceca ed è impegnata sul fronte della comprensione tra Tedeschi e Cechi e per la sconfitta di pregiudizi. Su ambedue le parti.
 
Poi un grande cane pastore se la prende con il mio cagnolino, gli ringhia addosso. Ma anche le liti tra cani, delle volte, possono creare contatti tra i loro padroni. Metto Zampa in macchina e ritorno dalla proprietaria dell'altro cane: è Klára Salzmann, architetto di paesaggio ceca, che avevo visto pochi giorni fa a Výškovice, come "padrona di casa" di una manifestazione nell'ambito delle iniziative di Pilsen/Plzeň capitale europea della cultura.

Klára Salzmann, architetto di paesaggio ceca
Per me era stato un ritorno a Výškovice, una località che avevo visitata pochi giorni dopo il mio arrivo a Pilsen/Plzeň, allora impaurita dalla solitudine del villaggio di Wischkowitz quasi del tutto sparito, dalle strade solitarie, piene di curve e deformate, come se ne trovano in zone ceche isolate, più sentieri asfaltati che moderne strade, impressionata dalla lontananza del luogo. Nel frattempo  Klára Salzmann ha organizzato a Pilsen/Plzeň una conferenza su come ravvivare il paesaggio di confine tedesco-ceco, accompagnata da una pubblicazione molto istruttiva. A Výškovice/ Wischkowitz, un villaggio una volta fiorente, poi abbandonato dai suoi abitanti tedeschi espulsi nel 1945 e cancellato nel 1974 dalle carte geografiche, giungono ora visitatori da tutta l'Europa. E adesso si trova qui – installazione sul terreno di una ex casa contadina smantellata – un robusto tavolo in legno: per celebrare messe, per dialogare, per fare merenda (perché no?). Per stare insieme nel ricordo degli abitanti di una volta. Magari qualche volta anche con qualcuno delle persone nate qui, ma poi cacciate.

Un incontro conviviale a Výškovice/Wischkowitz
Il culmine culturale e musicale di questa giornata piena di eventi era un concerto della cembalist e organista Alena Hönigová – in presenza del ministro ceco per la cultura, Daniel Herman che, in un eccellente tedesco, salutava alcuni ex abitanti tedeschi della zona, presenti in chiesa, "nella loro patria". La musicista Alena Hönigová, sebbene solo 39enne, può già vantare una lunga carriera e collaborazioni a livello internazionale. Quattro anni fa, inoltre, ha fondato un festival musicale estivo nel castello di Jezeří in Boemia settentrionale di cui parla con irrestibile simpatia e grande entusiasmo.
La musicista Alena Hönigová

Abbastanza per una giornata? No. Come conclusione vi fu poi uno sfavillante spettacolo pirotecnico "barocco" - dato che la manifestazione era inserita nelle "9 settimane barocco", organizzate durante questa estate nella Boemia occidentale. 

Tra un evento e l'altro avevo fatto – come svago per il mio cane Zampa –  un giro nei dintorni dove avevo trovato, sui campi di grano, una specie di spontanea land-art contadina.

mercoledì 22 luglio 2015

Un Oskar Schindler ceco

Přemysl Pitter salvò bambini ebraici, tedeschi e cechi 
"Dovrebbe scrivere un testo anche su Přemysl Pitter. E' vero, era nativo di Praga e operò soprattutto a Praga e nei dintorni. Alla fine degli anni Trento però estese la sua attività anche fino alla regione di Pilsen/Plzeň, per l'esattezza fino a Mýto nei pressi di Rokycany." Fu (naturalmente) Antonín Kolář, professore di storia al ginnasio-liceo Masaryk a Pilsen/Plzeň, di cui ho parlato alcune volte, a suggerirmi questa idea.
Přemysl Pitter
Přemysl Pitter? Lo dovrei conoscere? A dire la verità non ne avevo mai sentito parlare. Certamente una mancanza di cultura. Che però divido con molti dei suoi compaesani. Infatti solo pochi Cechi sanno di questo benefattore che – prima, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale – si prese cura di bambini cechi, tedeschi e ebraici. Senza distinzione di origine e di religione.  Li fece vivere insieme, risvegliando in loro comprensione per l'Altro e tolleranza. Ma soprattutto li salvò. Dalla morte per fame e per odio.
Durante la Prima Guerra Mondiale, Přemysl Pitter aveva combattuto come volontario. E tornò a casa come obiettore di coscienza e pacifista. Con il presidente cecoslovacco Tomáš Garrigue Masaryk, che avrebbe potuto condannarlo a morte, era legato da profonda stima. 

A Žižkov, un quartiere povero di Praga, fondò negli anni Trenta del Novecento una casa dove accolse bambini di famiglie ebraiche e tedesche. Ma anche di genitori cechi del quartiere che non potevano offrire ai loro figli il necessario. Olga Splichalová, la prima moglie di Václav Havel, ricordava per tutta la vita le giornate e settimane passate nella Milíčův dům dove trovarono cibo, calore e amore. La casa ebbe il nome da Jan Milíč (ca. 1320–1374), un predicatore ceco del medioevo, che Pitter prese come esempio.


La Milíčův dům ia Praga negli anni Trenta del Novecento
Alla ricerca di una casa di villeggiatura estiva per i "suoi" bambini cechi e tedeschi, Přemysl Pitter giunse nella località di Mýto nei pressi di Rokycany. E così ci siamo avvicinati nuovamente a Pilsen/Plzeň. Nel municipio di Mýto mi danno subito precise indicazioni quando domando di una  pamětní deska per Pittner. Fu posta nel 1995 all'esterno della scuola elementare, all'uscita di Mýto. E il sindaco della vicina cittadina di Rokycany mi descrive la strada per arrivare alla casa di villeggiatura. Si trova nell'area di un "motel" (come in Repubblica Ceca chiamano i campeggi costituiti da bungalow in legno): invariata nella struttura architettonica, come quasi 80 anni fa. Dunque anche i Cechi conoscono Přemysl Pitter.


La casa di villeggiatura estiva a Mýto nei pressi di Rokycany
Anche dopo la guerra, Přemysl Pitter continuava la sua attività per la salvezza di bambini ebraici, provenienti da campi di concentramento tedeschi, e di bambini tedeschi, rimasti orfani o momentaneamente soli. Lo Stato, inizialmente tollerante nei confronti della sua opera, gli mise a disposizione quattro castelli disabitati nei dintorni di Praga, Štiřín, Olešovice, Lojovice e Kamenice, dove tra il maggio del 1945 e il maggio del 1947 furono accolti oltre 800 bambini. Bambini ebraici, usciti pelle ed ossa da campi di concentramento nazisti, e bambini tedeschi che in campi cechi furono insultati come figli di nazisti e dovettero temere per la loro incolumità. Quando il regime comunista della Repubblica Ceca gli rese difficile, se non impossibile, il suo operare, si rifiugiò all'inizio degli anni Cinquanta in Germania. In un campo di profughi nei pressi di Norimberga si occupò, come predicatore laico, di altri profughi, per poi andare in Svizzera dove morì nel 1976: un "giusto tra i popoli", come gli rese onore lo Stato d'Israele.

Ma Pittner non si dedicò solo ai bambini. Si oppose al clima anti-tedesco che si diffuse dopo la guerra in Repubblica Ceca e addirittura criticò le violenze commesse dai Cechi nei confronti dei Tedeschi, paragonando i campi di raccolta cechi ai campi di concentramento nazisti. Nello stesso tempo prese contatti con Tedeschi espulsi dalla Boemia e chiese loro – molto prima delle strette di mano tra politici tedeschi e cechi – di perdonare: un tema tuttora di grande attualità. 

Amore del prossimo e coraggio: è augurabile che queste caratteristiche di Přemysl Pitters vengano insegnato e spiegato anche ai bambini cechi di oggi. E che soprattutto i maestri della scuola elementare di Mýto nei pressi di Rokycany, dove si trova la targa di ricordo per questo umanista ceco, sappiano sfruttare l'occasione per parlarne ai loro scolari.



La targa di ricordo per Přemysl Pitter installata a  Mýto

lunedì 13 luglio 2015

Tra Hřešihlavy e Kasejovice

Da un cimitero ebraico all'altro
 
Forse sto esagerando con i cimiteri. Con quelli cristiani e con quegli ebraici. Ma in questi giorni mi sono accorta che non sono l'unica a "frequentare" cimiteri. Beatrijs, la moglie olandese di Jan Irving, chitarrista classico ceco, e l'anima del ristorante "La Boema" a Radnice, osservò dapprima le mie scarpe. Sembrava soddisfatta, tanto da propormi una gita a Hřešihlavy. Per vedere un cimitero ebraico, appunto.
Non c'è nessuna indicazione e bisogna fare una breve camminata per raggiungerlo. In un bosco. Non è un bosco scuro. I boschi in questa zona nei dintorni di Pilsen/Plzeň non sono scuri. Scuri e tetri, e delle volte inquietanti, lo diventano più a sud, nella Foresta Boema. Il cimitero non è curato, ma neppure veramente trascurato. Lasciato al naturale, si potrebbe dire. Come piace agli ebrei. Qua e là, sulle pietre tombali, un ciottolo di saluto. Un segno che di tanto in tanto qualcuno passa e si ricorda dei morti.



Già nel Seicento era esistito una comunità ebraica a Hřešihlavy, una comunità evidentemente vivace che si sviluppò in fretta, tanto da costituire nel 1841 più della metà della popolazione, per l'esattezza il 51 per cento.
Nel cimitero si trovano ancora oltre 50 pietre tombali. Nel 1826 vi furono seppelliti i primi ebrei, negli anni Trenta del XX secolo gli ultimi. Sono pietre avvolte da erbe e piante, coperte da muschi e licheni, pietre in bilico e cadenti e rimesse in piedi, pietre che potrebbero raccontare mille storie. L'erosione e i vandali costituiscono oggi un pericolo per le tombe in questo bosco. Che, come detto, non è veramente oscuro. Ma non mi piacerebbe passarvi di notte.



Poi la domenica, una domenica veramente pigra. La pigrizia è permessa anche ad una cronista cittadina. Nessun appuntamento, nessun incontro, nemmeno un rendez-vous. Dunque prendere la macchina e fare un giretto, quasi senza meta, senza premura e senza dover poi scrivere. Ma anche in questo modo si scoprono delle cose nuove.
A Nové Mitrovice, a sud di Pilsen/Plzeň, suonano le campane per la messa festiva.


La chiesa barocca di San Nepomuceno a Nové Mitrovice

Il parroco è arrivato con lo scooter.


L'interno barocco della chiesa, festosamente abbellito

A Kasejovice, una cittadina a pochi chilometri più a sud, un cartello indica un  židovský hřbitov. Potrei ignorarlo? 

Pietre tombali, molto vecchie e ormai senza nomi, nel cimitero ebraico di Kasejovice, fondato già nel XVII secolo
 
Accanto alle pietre tombali con i caratteri ebraici, incomprensibili ai più, qui a Kasejovice una pietra con un'iscrizione in lingua tedesca



E i colori del paesaggio mi fanno notare quanto tempo sia già passato dal mio arrivo a Pilsen/Plzeň.

Il giallo vivo dei campi di colza in primavera ha fatto posto al giallo oro, più delicato, biondo, dei canpi di grano.

Ai piedi della Foresta Boema

Un cimitero allegro

Un bel cimitero.  Cristi crocifissi che a dozzine e come per chiedere aiuto tendono le braccia al cielo. Questa era la mia impressione quando in questi giorni – di ritorno da Dobrá Voda nei pressi di Hartmanice con lo straordinario altare di vetro nella chiesa di San Gunterio – ...

Il gruppo della crocifissione ...
... figure di santi ...
... e la scena dell'annunciazione dell'altare di vetro, realizzato nel 2001 dall'artista ceca Vladěna Tesařová per la chiesa di San Gunterio a Dobrá Voda

... giunsi nel villaggio di Javorná na Šumavě. Veramente volevo solo seguire le tracce di uno dei miei zii, il sacerdote Adolf Rudy. Adolphus Rudy è chiamato nel documento d'archivio che mi era stato inviato via e-mail da Václav Kubeš, vice-cancelliere ed archivista presso la curia di Budweis. Dove si legge: "Seewiesen, administrator interc. 1. maji – 30. novembr. 1926". Dunque, all'età di 32 anni mio zio aveva prestato servizio sacerdotale per alcuni mesi a Seewiesen. Qui a Javorná na Šumavě a sud di Klatovy, ai piedi della Foresta Boema.

Nel villaggio si stanno restaurando alcune case, la chiesa barocca di Sant'Anna, rivestita parzialmente in legno, si trova in buon stato. Poi la sorpresa quando metto piede nel cimitero. Alcune pietre tombali in marmo, solenni ed austere, con iscrizioni in lingua ceca. Ma poi, su tutta l'area cimiteriale, croci in ferro. Cristi in croce. A decine. Un effetto stupefacente.


Cristo crocifisso moltiplicato nel cimitero di Javorná na Šumavě

Ciò che aumenta la suggestione e che toglie alle croci il loro monito di memento mori è il fatto che la maggior parte delle tombe è senza nome. Sicuramente sulle croci si trovavano dei nomi tedeschi, i nomi degli ex abitanti tedeschi di Seewiesen/Javorná na Šumavě, cancellati poi dalle imtemperie, dal tempo o dal non voler ricordare degli abitanti ora cechi del villaggio.




Sono tanto stupita da questo boschetto di Cristi in croce che mi dimentico di contare le croci. Ma sicuramente sono una quarantina, forse una cinquantina. In un piccolo cimitero di un piccolo villaggio. Devono essere state realizzate in serie, in ghisa, con diversa colorazione secondo i desideri del committente. Sembrano quasi senza senso queste croci senza nomi su tombe non curate, in parte neppure più riconoscibili. Eppure dimostrano che non tutte le "cose tedesche" sono state cancellate dai Cechi che ora vivono qui. Un fatto che rallegra cuore e anima. Come il Cristo crocifisso moltiplicato. Verrebbe da sorridere se lo si può fare in un cimitero, in presenza dei morti. Io ho sorriso, protetta dalla macchina fotografica tenuta davanti al viso. Una donna che si trovava nel cimitero sicuramente non se ne è accorta. Cristo però sì. Ma lui, che tollera tutto, non si è scandalizzato.


La facciata, rivestita in legno, della chiesa di Sant'Anna a Javorná na Šumavě