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sabato 1 agosto 2015

Lavori in corso per la cultura

Pilsen/Plzeň non si riposa sugli allori
Pilsen/Plzeň è sempre in fermento. Naturalmente: é la città della birra famosa in tutto il mondo. Ma anche la scena culturale è in grande fermento, fin dall'apertura dell'anno come capitale europea della cultura. Però molto encomiabile è il fatto che la città capoluogo della Boemia occidentale non si riposa sugli allori conquistati con un calendario ricco e interessante di manifestazioni nei campi dell'arte, del teatro, della musica e della letteratura. Sebbene il primo tempo della "partita" sia già giocato, la città continua a sfornare nuovi progetti.
Vediamo, per esempio, gli arredamenti interni disegnati da Adolf Loos. Ne avevo già parlato due volte: una volta con disapprovazione nei confronti della persona e della vita privata di Loos, la seconda volta piena di entusiasmo e di rispetto per l'opera di questo architetto e designer boemo-austriaco, ma anche con tristezza per il destino di molti dei suoi committenti ebraici.

Qui ritorno un'altra volta su Adolf Loos. Attualmente, il Museo della Boemia Occidentale sta restaurando un'abitazione posta su due piani in una villa di Klatovská třída no. 110. La casa – esternamente (ancora) poco appariscente come tutti gli edifici in cui si trovano appartamenti progettati da Adolf Loos – era stata costruita negli anni Venti del secolo scorso per funzionari della Ṧkoda, ma acquistata nel 1932 da Oskar e Jana Semler (una famiglia ebraica di imprenditori che ruiscì a salvarsi dall'olocausto lasciando in tempo la Cecoslovacchia). I Semler incaricarono Loos con la progettazione dell'appartamento che, tuttavia, fu realizzato prevalentemente dal suo collaboratore Heinrich Kulka (Loos morì nel 1933).
L'appartamento diventerà un nuovo polo di attrazione turistica (è in programma l'istituzione di un centro di documentazione dell'architettura a Pilsen/Plzeň dall'Ottocento ai giorni nostri). Ma attualmente ci sono ancora lavori in corso. Però proprio per il fatto della provvisorietà e del non essere ancora finito trasmette forte emozioni: lo smalto in parte rovinato dei mobili originali, i vecchi radiatori tinteggiati in rosso e giallo (i colori preferiti di Loos) ma non ancora allacciati, le maniglie non ancora pulite dei cassetti e gli armadi e le credenze, i pavimenti e i rivestimenti lignei delle pareti ancora da sistemare – tutto questo dà la sensazione del vissuto come non lo comunicano più gli altri appartamenti tirati a lucido che si possono visitare. I nuovi ed ampi spazi della villa dovrebbero essere visitabile fin dal prossimo mese di ottobre. E considerando l'efficienza che Pilsen/Plzeň ha dimostrato fino adesso, c'è da crederci.
L'esterno della villa Semler in Klatovská třída no. 110
Jan Brčák ci conduce attraverso l'appartamento progettato da Adolf Loos.
Adolf Loos amava radiatori tinteggiati in colori vivi...
... materiali nobili e linee semplici.
Condutture originali per l'acqua calda in uno dei bagni
Le bellissime maniglie in vetro di una credenza leggermente consunta

 Tereza Svášková e Jan Brčák si riflettono nello specchio della toletta.
E qui un ritratto di Tereza Svášková, mia fedele accompagnatrice
Poi "Moving Station", l'ex stazione ferroviaria "Plzeň Jižní předměstí" (letteralmente: Plzeň periferia sud) come fabbrica di cultura. Fin dalla sua costruzione negli anni 1903/1904 fu un importante scalo delle linee ferroviarie Vienna–Eger/Cheb e Praga/Praha–Furth im Wald, percorse durante la monarchia asburgica da molti treni.
Con gli anni però la stazione fu trascurata, come anche il suo pendant costruito subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. Alcuni anni fa fu resuscitata dall'associazione culturale "Johancentrum" che la usò come spazio per manifestazioni sperimentali di teatro e di danza. Ora viene ristrutturata e rinovata, con grande impegno di denaro e l'uso di moderne technologie.
Avevo conosciuto Petr Beránek, il direttore tecnico del progetto, avvicinandolo nel bistrot Inkognito (che amo molto) per un'informazione. In quell'occasione mi aveva dato un flyer pubblicitario: "SPLNĚNÝ SEN – Moving Station se proměňuje" (Un sogno si realizza – Moving Station si trasforma). Trovavo l'impresa molto interessante e alcuni giorni fa Petr mi condusse nel cantiere: passaggi provvisori formati da assi di legno, scalini traballanti, dappertutto teloni in plastica, odore di polvere e cemento e colore. Molto è già pronto, la sala centrale Dvorana, posta su due piani, impressiona già ora con le sue moderne strutture in acciaio e cemento. Vi era grande fermento. Infatti, l'inaugurazione ufficiale di questo nuovo palcoscenico per teatro e danza, convegni ed esposizioni è fissata per il 12 settembre. „Grand opening“ – come Petr Beránek mi scrisse in una mail. Ma Pilsen/Plzeň ce la farà. Anche questa volta.

Petr Beránek, direttore tecnico di "Moving Station"

Qui di seguito alcune immagini dei lavori di restauro e di ristrutturazione dell-ex stazione ferroviaria periferia sud di Pilsen/Plzeň, dove il tradizionale e il moderno si equilibriano in modo perfetto:
 







Il mio cane Zampa sembra dimostrare maggiore interesse per i pantaloni rossi, molto chic di Petr Beránek che non per le piastrelle, lavorate artigianalmente e molto costose, con le quali saranno rivestiti i pavimenti.

lunedì 13 luglio 2015

Un fotogtrafo ceco famoso anche all'estero

Lukáš Houdek e le sue opere


Giovane, ma già famoso nel mondo: il fotografo ceco Lukáš Houdek
Vergogna e infamia sopra di lui! Come poteva osare di rinfacciare ai suoi compaesani cechi i misfatti commessi durante l'espulsione dei Tedeschi alla fine della Seconda Guerra Mondiale? Lui, un ignaro di neppure trent'anni? Con che coraggio denigrarli davanti al mondo? Dire pubblicamente ciò che loro stessi avevano taciuto per lungo tempo e nascosto come un tabù: che nell'estate del 1945 (e questi sono solo alcuni esempi) a Mirošov u Rokycan furono uccisi dozzine di soldati tedeschi e russi e gettati in una fossa comune nel parco del castello, che nel giugno del 1945, a Domažlice, circa 120 Tedeschi furono, dopo un processo sommario, giustiziati e seppelliti in una discarica, che nel giugno del 1945, a Žatec, donne e bambine tedesche furono violentate in massa?

Le ingiurie dei Cechi erano indirizzate a Lukáš Houdek, un fotografo ceco nato nel 1984 a Stříbro, una cittadina ad ovest di Pilsen/Plzeň. E le accuse gli furono rivolte quando nel 2012 presentò il suo primo progetto fotografico dedicato all'espulsione dei Tedeschi: "Umění zabíjet" (L'arte dell'uccidere), seguito da "Umění dosídlit" (L'arte dell'insediarsi), "Odložené životy" (Vite dimenticate) e "Musís zapomenout na Johanna" (Dimenticare Johann).
Una scena della serie fotografica "L'arte dell'uccidere"


Una scena della serie fotografica "L'arte dell'insediarsi"



Tre scene della serie fotogrtafica "Dimenticare Johann"


Lukáš Houdek si mette al lavoro dopo approfondite ricerche negli archivi e dopo aver ascoltato molte testimonianze. Poi con la macchina fotografica riprende scene riprodotte in parte con l'aiuto di bambole barbie, e pupazzi di paglia vestiti con veri costumi dei Tedeschi dei Sudeti e posti in ambienti reali, fotografa i ritratti sulle pietre tombali nei cimiteri una volta tedeschi e ora in gran parte abbandonati e ricostruisce la storia dei morti. Sempre con l'uso del bianco e nero il che rende l'atmosfera irreale ancora più angosciante e irrequietante.
 
L'installazione "Vite dimenticate" nel convento tedesco di Speinshart
Mentre in Repubblica Ceca fu criticato (ma non da tutti), all'estero fu coperto di applausi ed encomi fin dalla sua prima realizzazione sull'espulsione. In Germania, ma anche in Italia gli furono organizzate mostre fotografiche che trovarono grande, entusiasto eco ed interesse. Era uno dei rappresentanti della giovane generazione dei Cechi che non chiudono gli occhi davanti ai fatti successi (successi da una parte e dall'altra) e che vogliono sapere, conoscere, comprendere. E ora anche le città ceche fanno a gara per presentare le sue mostre.

Al momento Lukáš Houdek non è ancora riuscito a liberarsi dal tema dell'odsun  – come i Cechi chiamano l'evacuazione forzata dei Tedeschi dalla Boemia. Sta preparando un nuovo progetto fotografico, un progetto interattivo in cui, partendo nuovamente da vecchie fotografie, fa comunicare tra di loro le persone rappresentate, come in un blog di oggi. Anche l'ironia non l'ha mai abbandonato, un'ironia tagliente che può sconfinare in sarcasmo, ma che è sempre supportata da grande sensibilità.
Lukáš, infatti, è una persona gentile e amabile. E un grande fotografo.


Con curiosità attendiamo dunque un altro progetto che tuttaia, per una volta, lo porta lontano dall'odsun e dalla sua patria boema. I contorni di questo lavoro sono ancora top secret – così mi prega di dire. Ma in realtà Lukáš sa già esattamente in quale direzione mirare. Altrimenti non sarebbe lui: non un reporter alla ricerca di notizie sensazionali, bensì un artista-fotografo che procede con cautela e prudenza, presentando sempre dei progetti ben ponderati. Fantasia sì, ma nessuna improvvisazione.

Mi racconta poi di un altro progetto di cui però non sono certa che ne parlasse seriamente oppure per scherzo: un viaggio organizzato in pullman di abitanti attuali di Stříbro, arrivati in quella città negli anni Cinquanta ed insediatisi nelle case abbandonate (forzatamente) dai Tedeschi. Per visitare, appunto, gli ex abitanti che ora vivono in Germania e andare a vedere le loro case  – come questi giungono spesso in Boemia per vedere le loro case di una volta.

Riesco a comprendere Lukáš Houdek e seguo con entusiasmo le sue idee, ammiro la sua bravura fotografica e la delicatezza con cui tratta anche soggetti difficili: prima di occuparsi dei Tedeschi espulsi aveva dedicato le sue opere a Rom, gay e transgender. Ma su una cosa non sono d'accordo con lui: a me piace la salsa all'aneto. A lui invece no.
www.houdeklukas.com


I miei angeli custodi


Oggi: Tereza Svášková 

Lei come me: Anche lei ama la sua città natale sebbene non ne abbia dei ricordi. Come me. Nel mio caso parlo di Trutnov/Trautenau, lei invece è nata nel 1989 a Liberec/Deutsch Reichenberg. Io avevo cinque anni quando me ne dovetti andare assieme alla mia famiglia. Lei aveva solo un anno quando la sua famiglia si spostò a Lázně Toušeň, una borgata vicino a Praga dove passò poi infanzia e adolescenza. Ma aveva in mente cose più grandi, più ampie. Venne a Pilsen/Plzeň per studiare all'università dove frequentò la sezione di studi medio-orientali. Imparò l'arabo. Lo imparò così bene che lavorò come traduttrice dall'arabo al ceco e si avvicinò a questa lingua con grande entusiasmo, tanto che divenne la direttrice del festival di cultura araba che si tiene ogni anno a Pilsen/Plzeň. A nemmeno 25 anni.
 
Tereza Svášková
Tereza Svášková – è appunto di lei che sto parlando – quest'anno è la responsabile di OPEN A.i.R. nell'ambito di Pilsen/Plzeň2015: assiste le artiste e gli artisti – danzatori, pittori, scultori, scrittori –,  alloggiano in città e si esibiscono a Pilsen/Plzeň.

Anche a me è stata di grande aiuto, fino dal mio arrivo in aprile: fornendomi contatti e tickets per i più importanti eventi, consigliandomi le più interessanti manifestazioni.

Certamente un compito non facile per una donna così giovane. Lei però ne fa fronte con instancabile perseveranza e incredibile precisione. Delle volte mi domando se e quando trovi il tempo per dormire. Lei però sembra sempre calma, serena e rilassata. Con occhi ed orecchie aperti per i desideri e le necessità delle persone affidatele.

Tereza, ti auguro tanto successo nella vita! Te lo merito perché combatti senza sembrare combattiva.