giovedì 16 aprile 2015

Pietre tombali e ciottoli di saluto

 
Nel cimitero ebraico di Spálené Poříčí


Un cimitero ebraico

Durante il mio soggiorno a Pilsen/Plzeň voglio raccontare di tre minoranze: di Tedeschi, di Rom e di Ebrei. Nei miei blog precedenti ho già accennato ai Tedeschi di Pilsen/Plzeň e ai Rom. Mancavano gli Ebrei. Dopo avere ottenuto, verso la metà dell'Ottocento, l'equiparazione dei diritti, alla fine del secolo erano diventati così ricchi e influenti da poter realizzare in città una costruzione gigantesca: la Grande Sinagoga con una vistosa facciata a due campanili che, nel suo stile moresco, appare estraneo al contesto urbanistico-architettonico del centro storico. Avrei voluto visitarla in questi giorni, ma in compagnia del mio cagnolino non mi hanno lasciata entrare. Logico.

Avevo però letto del cimitero ebraico di Spálené Poříč, una cittadina a sudest di Pilsen/Plzeň. La  giornata sapeva di primavera e invitava ad una gita fuori città. 

All'inizio della Guerra dei Trent'anni, le truppe imperiali, comandate dal feldmaresciallo Charles Bonaventure de Longueval, Comte de Bucquo, avevano riportato nella battaglia della Montagna bianca nei pressi di Praga una schiacciante vittoria sull'esercito protestante, tanto che l'imperatore Ferdinando II concesse loro ricchi possedimenti e il diritto di predare e di distruggere dovunque passassero. E ne approfittarono. Anche nella località boema di Poříčí che, in seguito, venne ribattezzata in Spálené Poříčí, la "Poříčí bruciata".

Nella ricostruzione della cittadina ebbero un ruolo importante anche gli Ebrei. Loro, gli emarginati e reietti, erano i benvenuti per dare nuova vita alla cittadina rasa al suolo. Ne vennero così tanti, soprattutto artigiani e commercianti, che la comunità ebraica poté presto iniziare la costruzione di una sinagoga. E dal 1670 ebbe diritto anche ad un proprio cimitero.

Oggi, gli abitanti di Spálené Poříčí sono orgogliosi del cimitero ebraico. Lo è anche Václav, un uomo gentile e sorridente che, seduto in trattoria, aveva compreso la nostra difficoltà nel decifrare il menu del giorno. Così ce lo aveva tradotto, con qualche parola in tedesco e tanti gesti, descrivendo alcuni piatti e sottolineando i loro prezzi: 80 corone ceche (meno di 3 euro) gli dovevano sembrare tante per una pietanza di carne. Rifiutò la nostra offerta di pagargli la birra, una bella, schiumosa birra da un litro. Erano "affari suoi" ci disse e ci accompagnò verso lo židovský hřibitov al margine dell'abitato. Forse 150, 200 pietre tombali in un rettangolo recintato, sistemate senza un apparente ordine e inclinate per l'età, coperte da segni e scritte incomprensibili ai più.

L'ultimo funerale ebraico vi si era tenuto nel 1937. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale erano rimasti solo pochi ebrei a Spálené Poříčí, otto uomini, poi uccisi nei campi di concentramento, e due donne che, sopravvissute alle persecuzioni, emigrarano appena terminata la guerra. Nel 1946 fu demolita la sinagoga. Non serviva più a nessuno. Il cimitero, però, viene visitato ancora oggi. E non solo da turisti alla ricerca di suggestivi soggetti fotografici come lo sono le vecchie pietre tombali. Sicuramente tra i visitatori, in tempi recenti, vi sono stati anche degli Ebrei. Chi altro se non loro avrebbe depositato i ciottoli in cima alle pietre tombali? Ciottoli chiamati dofek in ebraico, "pietre che bussano". Un saluto per i morti? Il ricordo di un lontano passato quando il popolo di Israele viveva (e moriva) nel deserto e proteggeva le sue tombe con mucchi di sassi da profanatori, uomini o bestie che fossero? O semplicemente un ornamento della tomba: pietre che durano nel tempo invece di fiori che appassiscono? Anche se gli storici si interrogano su origine e significato di questa usanza, cercano di trovare spiegazioni razionali – i dofek posti sulle tombe rimangono misteriosi e di fascino magico.


Vecchie pietre tombali al cimitero ebraico di Spálené Poříčí




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