domenica 10 maggio 2015

Un fotografo vecchio stampo

Incontro con Radovan Kodera
Radovan Kodera da "Goran"
 "Quanti scalini ci sono fino lassù? Sinceramente non li ho mai contati", risponde mentre saliamo verso il suo studio, all'ultimo piano di una casa secolare, da fiaba, direttamente sulla centrale Náměstí Republiky. Ci avevamo dato appuntamento, Radovan Kodera ed io, da "Goran", una vicina caffetteria, per prendere un turek. Era il mio terzo caffè turco quel giorno. Il primo l'avevo bevuto da sola, durante la mattinata, il secondo con Annette Kraus, una simpatica giornalista, per preparare una intervista per le trasmissioni in lingua tedesca di Radio Praga. Vado spesso da "Goran" per godermi quella meravigliosa bevanda che mi ridona energia e vitalità dopo gli stancanti giri attraverso Pilsen/Plzeň.

Anche Radovan Kodera sembra essere un cliente affezionato. Lo salutano con particolare cordialità. Del resto è una personalità della vita artistica e culturale della città. Proprio in questi giorni si è tenuto il vernissage della mostra Osvobození 1945 ve fotografiích (La liberazione del 1945 nelle fotografie), curata da lui ed esposta nella Grande Sinagoge, usata spesso come spazio espositivo e, per la sua straordinaria acustica, come sala da concerti. Vi si possono vedere (fino al mese di ottobre) delle eccezionali fotografie del fotoreporter ceco Ladislav Sitenský ed altre provenienti dalla collezione di Vladislav Vítek che, selezionate da Kodera, raccontano gli eventi drammatici avvenuti a Pilsen/Plzeň alla fine della guerra.

A Radovan Kodera piace curare mostre ed esposizioni, insegna anche alla Facoltà di arte e design dell'Università della Boemia Occidentale qui a Pilsen/Plzeň. Ma la sua vera passione è la fotografia. La fotografia in bianco e nero. Quella fatta con macchine fotografiche analogiche. E' il modo di fotografare che piace anche a me, che piacerebbe a me, ma a cui ho dovuto rinunciare (per questa volta) qui a Pilsen/Plzeň. Come avrei potuto inserire delle foto, realizzate con macchine analogiche, quelle con l'"antico" rullo, in questo mio blog?
 

Radovan Kodera con una fotografia realizzata nell'Ospedale Psichiatrico di Dobřany
 
Dunque fotografo in bianco e nero. Kodera comincia a sfogliare le sue cartelle, messe in bell'ordine sugli scaffali. Ne trae immagini di grande formato che impressionano per il contrasto del bianco e nero. E per i soggetti. Mostra fotografie della "rivoluzione di velluto" alla fine del 1989. Dei lavori di restauro nella sinagoga. Di bambini legati ai letti. Mi vengono i brividi. Negli Anni novanta del secolo scorso Kodera ha potuto realizzare un progetto fotografico in una clinica psichiatrica. Sono foto che, in tutta la tragedia, lasciano alle persone la loro dignità. Fatte nell'ospedale di Dobřany. Lo visiterò anch'io in questi giorni. Non per fare delle fotografie (nessuno lo permetterebbe più), ma per documentare degli eventi tragici, avvenuti in quella clinica negli Anni quaranta del secolo scorso, quando vi comandavano i nazisti tedeschi.


Le mie due simpatiche interpreti ceche


Radovan ed io comunichiamo grazie a due interpreti molto carine, Veronika Dolívková e Markéta Balíková, studentesse del prestigioso Ginnasio Masaryk.  E prima di lasciare lo studio, pieno zeppo di fari e treppiedi e libri e macchine fotografiche, guardo dalla finestra. Vedo un'affascinante paesaggio di tetti degli secoli passati. Sembra un quadro del pittore sudtirolese Karl Plattner.
 
 
Vista sui tetti della vecchia città
Scendendo avrei voluto contare gli scalini, scalini di legno in angusti androni, scalini consumati nei secoli da migliaia e migliaia di passi. Ma sono rimasta troppo scossa e troppo affascinata da quest'incontro per potermi dedicare alla troppo banale conta degli scalini. 
Děkuji, Radovane!

1 commenti:

Manuela ha detto...

Seguirò questa cronaca come leggere le puntate di un avvicente romanzo: sono parole evocative di immagini presenti e passate, di emozioni, esperienze sensoriali...

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